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TUMORI A CEGLIE MESSAPICA...

 SABATO 17 SETTEMBRE 2011

Nessuna fonte scientifica e medica riesce a spiegarci come mai CEGLIE MESSAPICA risulta essere...ANCORA OGGI ...il Comune con la percetuale piu' alta di mortalita' per tumore...questo post viene scritto in un momento in cui sembra che una nuova ondata abbia colpito la nostra citta'...in questi giorni in tutte le attivita' commerciali non si parla di altro sembra un bollettino di guerra...TUTTI SI CHIEDONO CHE RIMEDI CI SONO PER METTERE UN FRENO? QUALI SONO LE CAUSE SCATENANTI?

...LA MOTIVAZIONE PIU' FREQUENTE DATA DAI TANTI CEGLIESI E' QUELLA RIGUARDANTE LA NOSTRA POSIZIONE GEOGRAFICA...CIOE' ESSENDO SITUATI TRA BRINDISI E TARANTO... LE DUE CITTA' CHE GIORNALMENTE SPUTANO VELENI NELL'AMBIENTE...SIAMO DESTINATARI DI CERTE EMISSIONI CHE PROVOCHEREBBERO MALATTIE DEL TIPO TUMORALI.



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sabato 17 settembre 2011


Antonella studiava economia, Vinod cucinava alle Mauritius

La scelta d'amore che
ha cambiato i fornelli pugliesi

Gli spiedi I classici spiedini di agnello e capretto, ma anche le melanzane che conquistarono Luigi Veronelli

SONDAGGIO
Ristoranti in Puglia, la nostra scelta
Quando viene sera, in certi borghi pugliesi, specialmente in quelli nel raggio di trenta chilometri da Martina Franca - non è una cottura che si fa dappertutto -, città, tra le altre bontà, del capocollo (leggendario quello del salumificio Santoro, però questa è un'altra storia) ma soprattutto dei carbonai (una volta ce n'erano tantissimi), le macellerie cambiano impostazione e diventano «fornelli», cioè cucinano la carne allo spiedo. Una volta, scelta la carne questa veniva cotta e poi portata a casa. Accade ancora, ma i fornelli si sono attrezzati anche per ospitare il viandante. Il fornello più famoso (e premiato) si raggiunge sulle colline di Ceglie Messapica e appartiene alla famiglia Ricci. Cominciò la sua avventura con Angelo nel 1967: all'inizio era il tipico fornello. Angelo selezionava gli animali, li macellava e poi cuoceva le parti migliori, al carbone vegetale.
Antonella Ricci, che ora governa la cucina con suo marito Vinod, ricorda ancora la carne macellata sul posto, l'arrivo dell'ufficiale sanitario che metteva il timbro e la carta oleata «bellissima su cui papà posava, insieme con un po' di alloro, la carne e poi avvolgeva il tutto in una carta grigia e spessa. Tornati a casa, aprivamo questa carta fumante da cui saliva un profumo indimenticabile». Dentro c'erano le interiora, agnello, capretto, maiale, salsiccia fatta in casa. Angelo Ricci è mancato cinque anni fa, quando il ristorante già si era trasformato da semplice fornello ad approdo per gourmet, con la benedizione di Luigi Veronelli che qui, dopo essere stato conquistato da un cosciotto allo spiedo con le patate e le melanzane (sublimi, queste, hanno sedotto anche me) cotte sotto la cenere, veniva non solo a rifocillarsi nel senso pieno del termine, mangiava, si riposava, godeva dell'ospitalità della famiglia Ricci, si ritemprava nel trullo di casa. Il ristorante è cresciuto: accanto alla carne arrostita, mamma Dora (e la nonna) preparavano ogni giorno le orecchiette e poi imbandivano sottaceti, melanzane, lampascioni sott'olio. Una volta si poteva fare tutto, senza gli assurdi vincoli di oggi. Tempi beati.
Nel ristorante, ora si incontra ancora mamma Dora, ma sono l'adorabile Rossella in sala e Antonella, con Vinod, in cucina a portare avanti la tradizione e il nome, che è buon nome proprio perché racconta una storia di famiglia. Antonella ha conosciuto Vinod 13 anni fa alle Mauritius, dov'era andata a cucinare italiano. Lui era lo chef del ristorante dove lei si esibiva. Amore al primo fornello, per un breve periodo vissuto da (molto) lontano. Poi le decisione di sposarsi e di congiungersi: due cuori e una cucina. Antonella, come altri fantastici cuochi italiani, viene da altro: è laureata in Scienze economiche e bancarie. «Che cosa vuoi fare? Mi chiese mio padre a un certo punto». Lei ha dato la risposta giusta che ritrovo nelle proposte del Fornello in equilibrio perfetto tra memoria e creatività: dagli antipasti con ortaggi, verdure, fritture di stagione, latticini e capocollo nostrano, agli spaghettini «fattincasa» alla crudaiola di ortaggi, pesto di basilico, fili di salumi e scaglie di cacio-ricotta, alle due cotture di maialino al latte in ristretto di cottura ed erbette mediterranee fino classico spiedino di agnello o capretto, salsiccia, fegatini, cotto al fornello con insalata mista. Insomma, una bella storia. Da raccontare e da mangiare.

FONTE CORRIERE DELLA SERA.IT DEL 17 SETTEMBRE 2011

4 commenti:

  1. e poi c'è anche l'alcool, il fumo, i disserbanti che si usano nelle campagne, i forni a microonde, i bambini che mangiano schifezze la spese fatta male nei supermercati e nei discount perchè tutti vogliono risparmiare,ecc.ecc.

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  2. La posizione geografica non la condivido.

    I fattori che concorrono alla formazione sono tanti, scoprire quello ha provocato la bestia è difficile.

    Secondo me, il medicamento al tumore non deve essere generalizzato, non è precisato che l'inquinamento prodotto da Brindisi e Taranto siano i maggiori o minori responsabili, ogni evento scatenante con capacità maggiore o minore può essere il colpevole, bisognerebbe esaminare sottoponendo il sistema immunitario di ogni paziente agli innumerevoli fattori scatenanti.

    Perché a Ceglie accade?
    Il sistema immunitario dei Cegliesi è quasi comune, è preparato all'ambiente e stile di vita Cegliese che non prevede il fattore malefico non esistente in questa comunità e allo scontro con esso, abbiamo la peggio, il nostro sistema immunitario non identifica nemico l'attacco alle nostre cellule.

    Non sono medico, ho scritto quello che penso, sarà sicuramente sbagliato ma, ho detto la mia.

    Saluti

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  3. ..mi ricordo,quando mia madre mi diceva.ce brut sapor ten l`aqua a Ceglie..era gli anni 80-90..mia madre se ne andata il 93 al etta di 59 anni per tumore.Questo mi fa riflettere molto oggi..ciao Ciccio

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  4. Ciccio, non sono sicuro di quello che scrivo ma, se teniamo conto della mia tesi, ora potevamo sapere se è stata l'acqua a essere stato il fattore scatenante.

    A suo tempo avrebbero dovuto esaminare l'acqua con il sistema immunitario della buonanima.

    Il tumore è forte per la sua scarsa forza d'urto, esso irrompe nelle cellule senza creare allarme, costituisce e sostituisce le cellule buone, quando si hanno i segnali, vuol dire che si è costituito un sistema malefico parallelamente a quello buono.

    La chemioterapia ha un’azione devastante e sola la fortuna può decidere che essa vada a colpire metodicamente quello malefico e comunque, se rimaniamo sotto il tiro di quello che l'ha scatenato e il nostro sistema continua a non riconoscerlo come male, stiamo nuovamente inguaiati.

    Cosa si può fare?
    Si dovrebbe trovare un sistema d'identificazione come quello delle allergie, così sappiamo subito cosa riesce a irrompere nelle nostre cellule che si costituisce come sistema.

    Saluti

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