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IN RICORDO DI LEONARDO ZITO

SABATO 30 AGOSTO 2014

di Sonia Gioia per Repubblica.it
Non ci vuole uno scatto d’artista per ritagliare dentro ai margini di una fotografia qualche cosa in più di un istante quotidiano.  Chiunque abbia immortalato il brindisi fra Severino GarofanoAngelo Ricci eLeonardo Zito probabilmente non aveva altra intenzione se non quella di portare a casa il fermo immagine di una felicità domestica da riguardare, qualche volta. E invece ha incorniciato la summa di una storia collettiva, un pezzo della storia del vino di Puglia, orfana da qualche ora di un altro protagonista, Leonardo Zito, agente di alcune fra le più grandi cantine regionali, pasionario del vino per vocazione assai prima e molto più che per mestiere. Di Ceglie Messapica, stessa terra del patron de Al fornello, aveva 67 anni. Stessa età di Angelo Ricci quando se ne andò nel 2006. Stroncati dal cancro, tutt’e due, non è una nota di originalità da queste parti.
Biografie intersecate dall’affetto e dai giri di bicchiere. Come quella sera del 2005, che si festeggiava forse la consacrazione del Gambero all’annata 2001 de Le Braci fra le grandi etichette regionali. O forse si festeggiava e basta, quel loro stare insieme. La Puglia enologica sarebbe stata una Puglia poverella se Severino Garofano non avesse messo al mondo il Negroamaro. Se Angelo Ricci non lo avesse mesciuto alla sua mensa, dando esempio. E se Leonardo Zito non ne avesse raccontato la storia, battendo il territorio quotidianamente.
La culla gourmet, in casa. Nella bottega di papà Vincenzo è nato il panino cegliese, farcito con tonno in olio extravergine d’oliva, fette di provolone stagionato e piccante, capperi dissalati e fette di mortadella, boccone che di cegliese ha l’intuizione di Zito, e il rigore nella selezione delle materie prime che fa la differenza allora come oggi fra le mani di Lucietta, la sorella.  Ha predicato la religione delle cose semplicemente buone, conquistando un posto nella ristorazione regionale alle prime prove, ai rosati di Puglia, quando rosato era poco meno di una bestemmia e persino nei grandi ristoranti si brindava a vinacci o stucchevoli etichette spremute fuori porta.
Ha dato il suo contributo di sostanza alle insegne che consacrano Ceglie Messapica terra di gastronomia, al fianco della famiglia Ricci, di Angelo Silibello, patron di Cibus e Francesco Nacci, del ristorante Botrus, riconoscendo a ciascuno il suo. E soprattutto al fianco di Violetta, moglie, compagna e pasticciera, signora del biscotto della tradizione: mandorla col cuore di marmellata di ciliegie che ha saputo conquistarsi un posto fra i bocconi gourmet oggi di fama. Il predicato delle cose buone con complemento di convivialità, è stato il suo verbo. Fino all’ultimo ha messo insieme antipodi, dando fondo alle bottiglie e spingendo la conversazione oltre l’ennesimo progetto, forte della forza dei fratelli commensali, consapevole che mangiare, bere e vivere soltanto per se stessi è un triste affare.

1 commento:

  1. praticamente a ceglie è in corso uno sterminio, ...e nessuna Istituzione si interroga sulle cause.

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